IL PRETORE
   Sciolta la riserva che precede e letti gli atti del proc. civ.   n.
 3575/97,  pronuncia la seguente ordiannza: rileva, in primo luogo, il
 giudicante che in base all'art. 222, c.d.s., qualunque  violazione  a
 disposizioni  del  codice  stesso,  nessuna  esclusa, puo' costituire
 presupposto  per   l'applicazione   della   sanzione   amministrativa
 accessoria  della sospensione della patente, purche' da tale condotta
 illecita  derivino  danni  alle  persone, e in particolare quando dal
 fatto complessivamente considerato  sortisca  una  lesione  personale
 (colposa) e/o un omicidio (colposo), giudizialmente accertati in sede
 penale.
   In  questi casi, in sostanza, siamo in presenza di un fatto storico
 complesso (o se si preferisce: un complesso di fatti) costituente(i),
 ad un tempo, illecito penale e illecito amministrativo (come nel caso
 in cui, ad es. l'agente: a) per  eccesso  di  velocita'  nella  guida
 della  propria  autovettura  b)  tamponi  l'autovettura,  in  fase di
 rallentamento, che lo precede,  cosi'  c)  provocando  la  morte  del
 conducente); colla conseguenza che l'autorita' giudiziaria chiamata a
 giudicarlo  estende  il  suo accertamento non gia' solo alla condotta
 offensiva e all'evento lesivo conseguente (tamponamento  e  decesso),
 altrimenti penalmente irrilevanti, ma anche ai profili soggettivi del
 fatto,   peraltro   intimamente   collegati  alla  sussistenza  della
 violazione amministrativia (eccesso  di  velocita'),  consistendo  la
 colpa,  giustappunto,  in  una  imprudenza,  negligenza  o imperizia,
 ovvero nell'inoservanza di leggi, ivi compreso il codice della strada
 e le sue singole disposizioni, regolamenti, ordini e discipline.
   Nel caso di specie, in particolare,  la  violazione  amministrativa
 contestata   (omessa   precedenza  ai  pedoni  che  transitano  sugli
 attraversamenti pedonali), normalmente sanzionata con  la  mera  pena
 pecuniaria  (art.    191  c.d.s.), intanto puo' dare luogo, altresi',
 alla  ben  piu'  grave  sanzione  amministrativa   accessoria   della
 sospensione  della  patente,  in  quanto  sia  connessa alla distinta
 condotta consistente nel  cagionare  (ad  es.  investendole)  lesioni
 personali  a  terze  persone,  si  da integrare, in definitiva quella
 colpa senza la quale la  condotta  dannosa  (ma  non  volontariamente
 lesiva) non costituirebbe reato per difetto dell'elemento soggettivo.
 In  sintesi: mentre la mera omissione di precedenza non e' idonea, di
 per se', a cagionare lesioni ai pedoni, e  non  costituisce  pertanto
 reato,  ma  semplice  violazione  amminsitrativa,  per  l'incontro la
 condotta materiale consistente  nell'investire  involontariamente  un
 pedone,  non  ha  rilievo  penale  se  non  e'  accompagnata  a colpa
 consistita,  per  ipotesi,  nell'omessa  precedenza,  in   violazione
 dell'art. 222 c.d.s.
   Donde  la  conseguenza  che  la fattispecie che ci occupa e' uno di
 quei casi di "connessione obbiettiva con un reato  (cfr.  la  rubrica
 dell'art.  221  c.d.s.)"  nei  quali "l'esistenza di un reato dipende
 dall'accertamento di una violazione non costituente reato".
   Il giudicante osserva, in secondo  luogo,  che  l'art.  223  c.d.s.
 attribuisce  al  prefetto il potere di sospendere provvisoriamente la
 validita' della patente, ove  sussistano,  a  suo  giudizio,  fondati
 elementi  di  una  evidente  responsabilita',  nelle ipotesi di reato
 sopra considerate, e cioe' quando  si  ipotizza  che  siano  derivati
 danni  alle persone da una violazione qualsiasi alle norme del codice
 stradale: e un tanto pure  a  prescindere  dall'effettivo  successivo
 svolgiemento  dell'azione  penale  (mancato  esercizio del diritto di
 querela, ove sia necessaria siffatta  condizione  di  procedibilita';
 sopraggiunta    archiviazione   della   notitia   criminis),   ovvero
 indipendentemente   dall'effettivo   accertamento   del   fatto-reato
 (comprensivo  di  tutti  i suoi elementi costitutivi: colpa, condotta
 materiale,  danno,  nesso  di  causalita')  da  parte  dell'autorita'
 giudiziaria che, a ben vedere, in caso di rinvio a giudizio, potrebbe
 anche  disattendere  quella  prima deliberazione provvisoria, resa in
 sede amministrativa, e prosciogliere l'imputato. In entrambi i  casi,
 pertanto,  l'autorita'  amministrativa  in  questione,  sostituendosi
 all'autorita' giudiziaria nella valutazione  della  rilevanza  penale
 del  fatto, verrebbe ad irrogare una vera e propria sanzione, siccome
 pesantemente afflittiva e non reversibile nei suoi effetti pratici ed
 economici, in assenza dell'unico presupposto che  la  giustifica:  la
 effettiva consumazione (giudizialmente accertata) di un reato colposo
 strutturalmente dipendente da una violazione amministrativa.
   In  altri termini, poiche' l'illecito amministrativo in quanto tale
 (qui l'omessa precedenza ai pedoni) e' sanzionato esclusivamente  con
 pena pecuniaria, la responsabilita' che, in forza dell'art. 222 cit.,
 il prefetto e' chiamato a valutare (in termini di evidenza desunta da
 fondati   elementi),  al  fine  dell'applicazione  della  sospensione
 provvisoria della patente, e' giustappunto la responsabilita'  penale
 del  contravventore: la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi
 del reato colposo, e non gia' solo la violazione amministrativa dalla
 quale, come si e' visto, la fattispecie penale anche dipende, ma  non
 in guisa esclusiva, integrandone il solo momento della colpa.
   Osserva,  infine,  chi  scrive  che  anche  in caso di accertamento
 giudiziario del reato colposo in esame, la  misura  afflittiva  della
 sospensione   della   patente,   siccome   definitivamente  stabilita
 dall'autorita' giudiziaria, potrebbe essere  di  durata  inferiore  a
 quella, per ipotesi, disposta dal prefetto ex art. 222.
   Sicche'  verrebbe  ad  essere  di  fatto  vanificato  il principio,
 autorevolmente ribadito dal giudice  di  legittimita',  per  cui  "la
 durata   della   sospensione  della  patente  di  guida  deve  essere
 ragguagliata alla gravita' del fatto ed alla pericolosita'  specifica
 nella  guida  dimostrata  dal  condannato"  (cfr.  Cassazione sez. u.
 sentenza. n. 930 del 29 gennaio 1996).
   Tutto  questo  premesso,  rileva  il  giudicante  che  il   sistema
 delineato  dalle  norme  del  c.d.s.  in  esame  appare  inficiato da
 irragionevolezza,  attribuendosi  all'autotita'   amministrativa   un
 potere   afflittivo   di  fatto  svincolato  dal  presupposto  (reato
 accertato  e  conclamato)   che   soltanto,   in   teoria,   dovrebbe
 giustificarne  l'esercizio  consistente nella sospensione provvisoria
 del documento abilitativo alla guida,  trattandosi,  per  definizione
 dello stesso legislatore, di una sanzione accessoria all'accertamento
 del  reato  (cfr.  la  rubrica  dell'art.    222  c.d.s.), nonche' in
 potenziale  conflitto  colle  stesse  determinazioni   dell'autorita'
 giudiziaria  riguardo  all'an ed al quantum, in spregio del principio
 per cui non vi puo' essere pena (conseguente a  un  reato)  sia  essa
 pure  accessoria,  senza  preventivo  giudizio  penale in ordine alla
 sussistenza di quel  reato.  E  cio'  tanto  piu'  in  quanto,  viene
 prevista una misura amministrativa (ritiro provvisorio della patente)
 che  ha  degli  effetti pratici afflittivi indubitabili, non gia' per
 punire un fatto-reato accertato ma,  come  si  desume  dalla  rubrica
 dell'art. 223, semplicemente in conseguenza a una ipotesi di reato, e
 cioe' di una mera astrazione, in violazione dello stesso principio di
 presunzione  di non colpevolezza fino a condanna definitiva (art.  27
 della Costituzione). In definitiva,  il  meccanismo  sopra  delineato
 sembra  dar  vita  a una vera e propria pena preventiva: senza che vi
 sia affermazione di responsbailita', o rimedio in caso di  errori  di
 valutazione o di eccessi nella determinazione della durata, in quanto
 inopportunamente anticipata, rispetto a un successivo giudizio penale
 solo eventuale e in ogni caso dagli esiti non scontati.
   Ne'  sembra potersi argomentare il contrario da una supposta natura
 cautelare della sospensione  provvisoria  della  patente,  in  quanto
 detta  misura  presuppone esclusivamente un giudizio sulla ricorrenza
 dei fondati elementi di una evidente responsabilita', con  esclusione
 di  qualsiasi  valutazione  sul  pericolo  di  una reiterazione della
 condotta antigiuridica o di  altri  paventati  pericoli,  non  meglio
 precisati,   nelle  more  del  giudizio  penale.  Tale  funzione  non
 punitiva, ma semplicemente cautelare, peraltro, non avrebbe senso ove
 si consideri che il giudizio penale (si  ribadisce  solo  eventuale),
 avrebbe  inizio  con  ogni  probabilita',  secondo quanto sappiamo, a
 distanza di  mesi  o  addirittura  di  anni  dalla  restituzione  del
 documento  abilitativo,  siccome  ritirato  in sede amminsitrativa al
 massimo per un anno (art. 223, comma 2).
   Ne', infine, sembra che il rimedio giurisdizionale  introdotto  dal
 legisaltore,  colla previsione di una possibile immediata impugnativa
 dell'ordinanza di sospensione, innanzi al  pretore,  ai  sensi  degli
 artt.  22  e  23  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689 (siccome
 richiamati dall'art. 205 c.d.s., ult. com., a  sua  volta  richiamato
 dall'art.     223,  comma  5,  c.d.s.)  sia  idonea  a  ricondurre  a
 ragionevolezza il meccanismo meramente  sanzionatorio  in  questione.
 Sotto  questo profilo, di vero, il giudizio di opposizione deve avere
 riguardo  alla  sussistenza  di  tutti  gli  elementi,  materiali   e
 soggettivi,   che  costituiscono,  nel  loro  complesso  considerati,
 conditio sine qua non della  sanzione  accessoria  in  esame,  ed  e'
 pertanto  esso  stesso  in  potenziale  conflitto  con  gli esiti del
 successivo, peraltro solo eventuale, giudizio penale.  Nello  stesso,
 inoltre,  il  presunto  contravventore  gode  di garanzie processuali
 ridotte rispetto a quelle previste in sede penale, potendo il giudice
 dell'impugnativa liberamente interrogarlo (su circostanze  che  hanno
 rilevanza penale), trarre argomenti di prova dalle sue risposte, e in
 generale dal suo contegno, disporre, inoltre, ache d'ufficio, i mezzi
 di  prova  che  ritiene necessari, compresa la citazione di testimoni
 senza  la  formulazione  di  capitoli,  e,  infine,  convalidare   il
 provvedimento  opposto  se  alla  prima  udienza l'opponente o il suo
 procuratore  non  si  presentano  senza   addurre   alcun   legittimo
 impedimento.
   In  definitiva, alla luce delle suesposte considerazioni non sembra
 manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalita', siccome
 sollevata, sotto molteplici profili, nei  propri  atti  introduttivi,
 dalla  difesa del ricorrente che, dopo aver richiamato gli artt. 13 e
 24 della Costituzione, e il principio costituzionale della  divisione
 dei  poteri,  censura l'art. 223, comma 2, c.d.s., nella parte in cui
 consente all'autorita' amministrativa di disporre provvisoriamente la
 sospensione della patente, e "prima  ancora  che  il  giudice  penale
 abbia non solo accertato che un reato sia stato commesso dal soggetto
 titolare  della  patente  di  guida,  ma persino prima ancora che una
 notizia di reato sia iscritta a suo carico e che egli  abbia  assunto
 la  qualifica  di  indagato";  mette  in  rilievo  "che  ove  mai  si
 consentisse al prefetto di applicare la sanzione accessoria in parola
 indipendentemente dalle sorti del procedimento  penale,  ove  mai  la
 notizia   di   reato,   sempre   che  la  stessa  sia  mai  pervenuta
 all'autorita' giudiziaria  inquirente,  venisse  archiviata  per  sua
 manifesta  infondatezza,  al  cittadino sarebbe irrogata una sanzione
 senza che reato vi sia mai stato, e cio' in contrasto con  lo  stesso
 comma  2,  dell'art.  223";  denuncia,  in  definitiva  ,  la  natura
 afflittiva e comunque immediatamente limitativa  della  liberta'  del
 cittadino di detta sanzione, con gravi danni in particolare per "chi,
 come   l'opponente   utilizza   l'auto  per  ragioni  di  lavoro",  e
 l'arbitrarieta'   dell'automatismo   normativamente   delineato   dal
 legislatore,  in  base  al quale "l'accertamento di lesioni personali
 conseguenti ad un incidente  stradale  legittima  sempre  e  comunque
 l'adozione  in  via  preventiva  di  una  sanzione  accessoria",  con
 conseguente lesione del diritto di difesa.